Grecia: Matteo Renzi e il suo "diversamente sì" al Referendum


by Angela Mauro Città Futura on-line
Sì, ma sottinteso. Matteo Renzi se ne guarda bene dal dare indicazioni esplicite di voto ai greci che domenica prossima voteranno per il referendum sulla proposta di accordo tra Europa e governo Tsipras. Nel giorno in cui i maggiori leader del vecchio continente scendono di fatto in campo per scongiurare una vittoria del no all’intesa, il premier italiano si mantiene prudente, intento anche a preparare la sua visita mercoledì prossimo a Berlino da Angela Merkel. Il punto è che Renzi, pur determinato a salvaguardare il suo rapporto con le cancellerie europee, non vuole passare per il burocrate di turno che ha affossato la Grecia.
E’ per questo che oggi, mentre la Cancelliera convoca una conferenza stampa, mentre da Parigi anche Francois Hollande dice la sua sul caso greco, mentre Jean Claude Juncker si sbilancia “i greci votino sì”, il premier italiano si mantiene distaccato. Insomma: mentre i tecnocrati europei scendono in politica
‘de facto’, Renzi si ritaglia un ruolo più ‘asettico’. Almeno in pubblico. A Palazzo Chigi naturalmente si immerge in un lavorio intenso di contatti continui con gli altri leader Ue, impegno di diplomazia internazionale che oggi si fa anche con sms e telefonate informali. Insomma, nel dietro le quinte Renzi auspica una vittoria del sì al referendum greco. Ma pubblicamente il massimo che ritiene opportuno dire è: “Il punto è: il referendum greco non sarà un derby tra la Commissione europea contro Tsipras, ma euro contro dracma. Questa è la scelta”.
Ufficialmente, è l’invito sottinteso, decidano i greci: se rimanere nell’euro, votando sì all’accordo, o se tornare alla dracma, votando no. Ma il governo italiano naturalmente si allinea con gli altri partner Ue: che vinca il sì. Solo che sta in panchina invece che scendere in campo. Tanto più che Renzi andrà a parlarne con Angela Merkel mercoledì a Berlino: incontrerà la Cancelliera a colazione, dopo aver tenuto un discorso in università su “Europa, ritorno al futuro”. Ma soprattutto il premier ha un problema interno e anche personale-politico da gestire: evitare a tutti i costi l’etichetta del burocrate che ha ammazzato la Grecia.
Non è un problema da poco per Renzi, leader nato sull’onda della lotta alla burocrazia italiana ed europea, premier che ha fondato la sua campagna politica per il semestre di presidenza italiana dell’Ue sulla richiesta di maggiore flessibilità nei trattati europei. Il rischio è di perdere tutta l’immagine di nuovo leader rottamatore che pure era riuscito a imporre, almeno fino allo scorso anno. E dunque, se il caso greco è uno spartiacque che obbliga tutti a schierarsi per Tsipras o contro, il premier cerca la sua terza via, nella speranza di riuscire così a sedare l’opposizione interna, sempre più ringalluzzita.
Dal M5s, alla Lega, Sel, Forza Italia e anche la minoranza Dem: ora tutti stanno con Tsipras e chiedono a Renzi di passare da questa parte del fronte. “Spero vincano i no”, dice chiaro e tondo l’ex Pd Stefano Fassina. “Renzi agisca per riaprire la trattativa in Ue”, dice più cauto ma comunque pressante Gianni Cuperlo. “Ormai è un classico: su qualunque cosa si forma sempre la ‘santa allenanza’ anti-Renzi… Il punto è cosa propongono per il dopo: hanno un progetto di governo tutti insieme e così diversi? Non pare…”, dice il fedelissimo renziano David Ermini.
Ma ad ogni modo questo il quadro interno. E in periodo di magra con i sondaggi, Renzi sta attentissimo a evitare le trappole. Perciò la butta nel derby “euro vs dracma” che anche agli italiani dovrebbe suonare sinistro - è la speranza – ed evocare lo spettro di un’uscita della Grecia da Eurolandia con ripercussioni a casa nostra. Questi i calcoli di Palazzo Chigi. L’auspicio è che la linea regga fino al voto di domenica e oltre: ce ne sarà bisogno.
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pubblicato il 30 giugno 2015 su www.huffingtonpost.it

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